A teatro con la psicoanalisi

28.08.2015 11:40

 

 

I legami profondi tra la psicoanalisi e il teatro. Un rapporto di donazioni, suggestioni e influenze reciproche che iniziano con il fondatore della psicoanalisi Freud, amante del teatro, attento e vorace spettatore, convinto che i poeti fossero sempre in anticipo sugli scienziati dell’anima. Testo dello psicologo, psicoterapeuta con studio a Macerata, Dott. Andrea Iommi

I legami della psicoanalisi con il teatro sono da sempre stretti e fecondi. Freud è stato un appassionato spettatore ed anche un ammiratore dei poeti che scrivevano per il teatro: Goethe, Shakespeare, Schiller, Sofocle, sono solo alcuni degli autori  che l'inventore della psicoanalisi cita e da cui trae ispirazione. Del resto , per Freud il poeta ha una conoscenza così profonda dell'anima umano, una intuizione delle sue segrete dinamiche, che lo scienziato  e lo psicoanalista possono solo invidiare e farsi ispirare da lui. Per Freud dall'artista, e dal teatro, si può solo imparare con grande umiltà.

Lacan non mancherà di seguire Freud su questa via citando nei seminari e negli scritti a più riprese (tra gli altri) Claudel,  Racine , ancora Sofocle, (Antigone).

All'inizio della sua pratica Freud è affascinato dalle possibilità dell'ipnosi e di una via di guarigione che passa attraverso la catarsi , la scarica benefica delle emozioni  represse e rimosse, secondo un preciso riferimento alle teorie estetiche di Aristotele sulla funzione della tragedia.

Freud abbandono presto l'idea , forse un po' semplicistica, della catarsi come via terapeutica di liberazione dai sintomi,ma trovò nel racconto di Sofocle del mito edipico un fondamentale snodo simbolico che rende conto di un passaggio cruciale e fondamentale nella vita di ognuno di noi.

Anche in questo caso pensava Freud, il poeta aveva visto prima e più in profondità della scienza e  - per il mezzo di una storia da rappresentarsi attraverso attori , sulle tavole di un palcoscenico,  ci racconta qualcosa che riguarda ognuno di noi è che nessuno ha mai voluto riconoscere.

Dunque , attraverso una rappresentazione, per mezzo di una messa in scena,  una verità - fino a quel momento rifiutata - viene riconosciuta, accostata, narrata . E del resto, cos'è altrimenti il sogno se non esattamente questo? La messa in scena di un desiderio rimosso.

D'altronde quale manifestazione psicopatologica è più teatrale, nel senso proprio della definizione, dell'isteria da cui Freud ha preso le mosse. Le pazienti freudiane  che la medicina del tempo bollava come mistificatrici, attrici in mala fede, avevano spesso il dono di collocarsi al centro di una complessa scena familiare, in cui i sintomi e le fantasie drammatizzano per un pubblico inconsapevole (i familiari, il medico e finanche la paziente stessa nella sua belle indifference) un messaggio enigmatico, opaco ma veritiero. (Ne parla tra gli altri P.C. Racamier (1979) Isteria e teatro, in "Di psicoanalisi in psichiatria. Studi psicopatologici " Loescher Torino , 1985

Non sarà poi un caso se Freud definì l'inconscio "un altra scena", riprendendo ancora una volta la terminologia teatrale. Al centro di tutto una intuizione: i sintomi nevrotici sono rappresentazioni di relazioni, di persone, di fantasie: copioni che si mettono in scena in un teatro privato il cui soggetto è il desiderio, quel desiderio di cui l'io non sa niente, quel desiderio che nel nevrotico si soddisfa realizzando appunto una scena, una composizione, un messa in atto. Il nevrotico, infatti sostituisce il sintomo alla sua stessa vita sessuale. 

Si ricorderà che già Shakespeare nell'Amleto ricorre ad un artificio simile. Il principe danese si serve di  una compagnia di attori capitati per mettere in scena una pièce allusiva che parli chiaro  e sveli una verità che l'ipocrisia  di tutti contribuisce a tenere celata e nascosta.

Lacan non mancherà di ribadire come la verità   - che non si può mai dire tutta - ha sempre struttura di finzione, è un artificio, non una realtà. Solo il mito, il racconto,  può dire la verità, dal momento che la verità non è un fatto o un evento ontologicamente definito, ma è una posizione etica, l'accettazione di una responsabilità, la presa di coscienza di un legame con il proprio godimento.

In fondo Freud, elaborando il setting  terapeutico della psicoanalisi, crea una sua forma di teatro, un particolare una kammer Spiel, un teatro della parola, in cui il soggetto è chiamato a sdoppiarsi, a dividersi, tra due parti: un attore che produce un discorso, pronuncia una parola, e uno spettatore che ascolta il proprio, stesso discorso, che si ascolta parlare per tramite della figura muta dell'analista. Questa presenza silenziosa dell'analista - a cui il discorso però inevitabilmente si indirizza - spezza la circolarità della comunicazione, inceppa la reciprocità immaginaria , e apre la possibilità di ascoltare con orecchie nuove il proprio stesso discorso, di introdurre un elemento nuovo che rompa la ripetizione mortifera.

Il teatro dell'analisi è dunque una finzione veritiera, dal momento che in esso non si cerca la realtà fattuale, storica, ma quella del fantasma e dunque la verità del soggetto attore.