La crisi adolescenziale: una lettura psicoanalitica

12.11.2015 22:03

Secondo Freud l'iscrizione sociale -  quella struttura di rappre­sentanza at­traverso la quale il soggetto si inseri­sce nella rete delle rela­zioni intersogget­tive, arrivando a farsi rappresen­tare presso gli altri da signifi­canti colti nella propria storia sog­gettiva e dunque a collocarsi in maniera piena e soggettivata nelle relazioni umane - avviene infatti, in due tempi: nell'infanzia e nell'adole­scienza. In entrambi i momenti ad essa corrisponde una particolare posizione a livello della sessua­lità. Inoltre, l'ingresso nell'iscrizione sociale, nel legame sociale, comporta un effet­to di divisione del soggetto. Il soggetto è intero finché è nella pancia della madre. Quando un soggetto prende un nome, si fa rappre­sentare attraverso le parole, viene diviso tra quello che si dice, quello che gli altri sanno di lui, che si rappre­senta so­cial­mente e quello che non si può dire. Questa perdita si chiama castrazione simbolica.

L'iscrizione originaria dell'S1, quella che ha luogo nell'infanzia, è un'opera­zione di si­gla­tura. Qualcosa tra gli oggetti che soddisfano il bambino viene sim­bolizzato, viene idea­liz­zato, viene messo lì come inse­gna. Si dice: "questo è un bambino affettuoso o di­scolo" e così vengono siglate le caratteristiche di ciò che individua questo bambino.

L'S1 è un ideale: l'ideale delle favole infantili, estratto dalla narrazione propria dei miti failiari, nelle storie che si ripetono nelle riunioni familiari. Da tutto questo materiale il soggetto ricava la propria posi­zione rispetto al deside­rio dell'Altro che è ciò che fonda la sua “unicità”, la sua specificità.

In questo passaggio, l’operatore logico fondamentale è la funzione paterna. Il pa­dre è per l'appunto  chi, terzo tra la madre e il bambino, può isolare il tratto di unicità e di­re: "questo è un bambino tranquillo", o "è un bambino di­scolo" ecc..

Questo sarà uno degli S1, delle siglature che indicano la sua specificità, ciò che lo rap­pre­senta per l'Altro.

Il momento infantile, si chiude con la fine dell’Edipo e che inaugura una pacificazione operata dal fanta­sma. Questa pa­cifica­zione resta operativa fino allo scadere del cosiddetto pe­riodo di laten­za.

Nella pubertà l'irruzione della pulsione genitale, inaugu­ra un momento di rivisitazione e di messa in discussione del fantasma in­fantile, dell'ideale che aveva presieduto alla pace pulsio­nale degli anni della la­tenza.

Il passaggio dal momento infantile a quello adolescenziale è per Freud essen­zialmente passaggio da una sessualità infantile legata a singole pul­sioni, a singo­le zone erogene, ana­lità, oralità, ecc. (la perversione poli­morfa infantile), ad una strutturazione normale della sessualità che com­porta il primato della zona geni­tale.

Ciò che la pulsione sessuale propriamente detta, quella genitale, ri­chiede non può più es­sere affrontato attraverso delle fanta­sie. Essa richiede una soddisfazione che abbia luogo nel corpo, attraverso oggetti che non possono più essere reperiti nell'ambito fami­liare, nelle fi­gure dei genito­ri.

Questo secondo tempo è dunque caratterizzato da un nuovo funziona­mento nel rag­giungi­mento della soddisfazione pulsionale. In particolare la soddisfazione, a partire dalla pu­bertà avviene sia attraverso un piacere preliminare, che è un po' una ripetizione della vita sessuale infantile, sia attraverso la stimolazione degli organi genitali.

Il piacere preliminare ha a che fare con gli oggetti, con le zone ero­gene che erano propri della sessualità infantile. Con la differenza che queste zone ero­gene e questi oggetti in­fantili devono essere reperiti, ora, non più nel corpo della madre ma in quello del coetaneo.

Una altra differenza sta nel fatto che l’erotismo preliminare, che nell'infanzia era fonte di soddi­sfa­zione, ora, nella pubertà, crea tensione, di­spiacere, e suscita il bisogno di una soddi­sfazione nuova, fina­le, legata alla scarica sessuale e agli organi genitali. Questo è l'elemento nuovo in­trodotto dalla pubertà. Ciò che era prima un piacere autoerotico, con lo sviluppo diventa piacere + desi­derio di un "più di piacere".

Quindi il ragazzino pubere, cambiando la sua economia libidica è costretto a cambiare l'oggetto, gli oggetti d'amore.

Nell’infanzia, infatti la sessualità era strutturata a partire dalla rimo­zione, e la madre era l'Altro della domanda d'amore, l’altro a cui indirizzare questa domanda. La madre  che dava il proprio corpo, prima a livello orale, poi con la questione anale chiedendo le feci. La sessua­lità infantile è una sessualità che si soddisfa fon­damen­talmente nell'ambito paren­tale, quindi incestuosa, con l'unico arti­ficio della rimozione significante. Non viene chiamata sessualità, per questo si può fare. Si può fare tutto con il corpo della ma­dre perché il bambino è ingenuo e non dà un significato sessuale a que­ste sue soddisfa­zioni orali, anali, ecc.

 

Quando compare sulla scena il desiderio di un “più di piacere” la rimozione significante non regge più e non è più possibile aggirare, negare l'ince­sto dicendo che la madre non è un oggetto sessuale.

A questo punto è necessario che l’oggetto materno sia rimosso, che ci si separi dagli investimenti libidici sull’oggetto materno, addirittura con un rifiuto spesso violento del contenitore familiare, del corpo del geni­to­re, di tutto ciò che era fonte di piacere nell'infanzia.

Il rifiuto, la ribellione, sono modi tipicamente adolescenziali di opporsi all'incesto. Essi indicano la necessità bruciante dell’adolescente di rifuggire la tentazione incestuosa. Solo dopo che la domanda d’amore avrà trovato modo di indirizzarsi verso altri interlocutori, i coetanei, solo allora l’adolescente potrà accettare di avere rapporti di tenerezza verso i genitori, in una forma, questa volta completamente de-sessualizzata. Perché si arrivi a questo è però opportuno uno stacco, anche se non necessariamente deve avvenire con forme violente.

Operare questa separazione, questo stacco, ecco il compito fondamentale del passaggio adolescenziale. Una ridefinizione delle vie del godimento sessuale. L’adolescente deve traghettarsi, superare il mondo della sessualità infantile (con i suoi oggetti, le sue mete, le sue fantasie) per poter portare la sua domanda d’amore nel mondo dei pari. 

Già Freud aveva notato che la pu­bertà non è soltanto maturazione dell’apparato  genitale, ma è anche il momento in cui il soggetto sviluppa un notevole lavoro intellettivo – sostenuto dalla padronanza del pensiero astratto - e di immaginazione, con uno uno scatena­mento delle fantasie ses­suali: questo è il modo del resto con il quale il soggetto cerca di dare un senso, di dare una rappresentazione a quello che accade nel reale/sessuale. Quindi il reale, il biologico, scatena l'immaginario ed il fan­ta­stico.

Le fantasie dell'età puberale si riallacciano, quindi, all'esplora­zione ses­suale in­fan­tile abbandonata nel periodo della latenza e testimoniano di una elaborazione psichica soggettiva necessaria a far fronte alla mutata economia del godimento e alle mutate condizioni di soddisfazione

La fantasia si ridesta, dopo il periodo di latenza, per poter in­canalare questo de­siderio di un più di piacere. Con una differenza a livello della soddisfazione sessuale: se, infatti le fantasie infantili avevano prevalentemente una funzione conoscitiva, erano l'espressione della curiosità di sapere - ad esempio le teorie infantili sulla nascita- ora nell'adolescenza l’immaginazione è al servizio di un desiderio che punta alla sca­rica ses­suale. In questo senso Freud dice che le fantasie infantili vengono erotiz­zate.

Le storie che si raccontava il piccolo Hans su giraffe e idraulici, che ser­vivano a capire il mistero della nascita dei bambini, servono ora a produr­re il destinatario della domanda d'amore: sono fantasie erotiche, in cui il ragazzo si rappresenta la ragazza dai capelli biondi, cioè ripro­duce i tratti dell'oggetto d'amore cui era abituato nell'infanzia per ritro­varlo in una “principessa” a cui fare la domanda nell’attualità. Quindi si costruisce delle fantasie di storie d'amore. Storie d'amore da cui si aspetta la soddisfazione del desiderio ses­suale.

 

I malintesi, le incomprensioni, i fallimenti, l’assolutezza che caratterizzano le prime storie d’amore reali che l’adolescente vive con i propri coetanei, discendono appunto dalla presenza di queste fantasie amorose erotizzate. Il ragazzo, nei primi incon­tri, vede nella ragazza assolutamente tutto quello che nella ragazza non c'è, e viceversa. Vede il proprio fantasma, soprattutto, e quindi, nei primi amori si realizza un incon­tro di fan­tasmi.

Con grosse sorprese, delusioni, insuccessi di vario tipo. Il partner che ha esattamente i tratti ago­gnati nella fantasia, può darsi che non corrisponda sul piano della sessualità, che si riveli diverso da come ce l’eravamo immaginato: ognuno dei due soggetti della coppia amorosa, infatti agisce il proprio fantasma al di là della contingente coincidenza immaginaria dell’amore. Ed è tutto da vedrre se il proprio fantasma si accomoda a quello dell'altro.

Dunque la soluzione della crisi adolescenziale si realizza nel momento in il soggetto trova una soluzione al doppio problema di riannodare eroti­camente il pro­prio corpo e di or­ganizzare la domanda d'amore in modo che veicoli il desiderio. Per Freud questi due movimenti, che sono l'erotizzazione del fantasma e la do­manda costituiscono anche un mo­mento preli­minare alla formazione del sintomo nel suo involucro formale, al punto che è possibile dire non solo che l'adolescenza in quanto tale è pre­limi­nare alla costruzione del sintomo, ma che il sintomo è l'uscita dall'adolescenza.


(rielaborazione dell'autore di un articolo già apparso in "Quaderni Marchigiani di Psicoanalisi" del 1994)